L'ho scritta 5 anni fa... poesia? racconto? nè l'uno, ne' l'altro'... a voi la sentenza
Le lampade grigie appese al soffitto a volta gettano a terra una luce pallida. I richiami dei venditori echeggiano tra le bancarelle. I bambini sigillati alle madri fiondano le loro dita autoritarie sugli oggetti dei loro desideri. Giovani donne tastano con aria civettuola le stoffe che presto indosseranno. E tante altre piccole cose si stemperano nell’afa di questa tarda mattinata di fine giugno.
Fuori la città si trasforma freneticamente. Rinnova se stessa. Invece il mercato rionale sotto casa mia cambia così lentamente... Non ci si accorgerà di nulla fin quando la sua lenta metamorfosi non terminerà. Proprio come è accaduto a me!
Da ragazzo credevo che mi sarei accorto di invecchiare, come quando ero adolescente e mi accorgevo di crescere. Non è stato così. Una mattina mi sono svegliato ed ho scoperto di essere vecchio. Anzi, ho capito di essere vecchio. Perché di segni premonitori ce ne erano stati tanti, ma li avevo ignorati. Adesso mi rendo conto di essere come quella vecchia casa pericolante di fronte alla mia. Non riesco a scendere dall’auto senza aggrapparmi alla maniglia, non ce la faccio più a salire le scale. E poi, la memoria mi abbandona. Mi dimentico i nomi degli amici, quelli delle città che ho visitato, i compleanni. La mia passione è sempre stata la storia, eppure mi dimentico pure i nomi dei grandi personaggi. A proposito, come si chiamava il luogotenente di Garibaldi? Ieri, dopo averlo cercato, l’ho ripetuto tre volte ad alta voce. Per imprimermelo nella mente. E adesso, dannazione mi ricordo soltanto di averlo declamato per tre volte!
Ma c’è una cosa che non ho mai dimenticato: il suo volto! E’ scavato dagli anni, è offuscato dal tempo, ma è il suo volto! Seminascosto tra la folla, è imprigionato da una ragnatela di rughe. La cinica morsa del tempo non tarderà a dissolverlo. Come il mio, del resto.
Avverto qualcosa che mi frena. Eppure vorrei avvicinarmi a lei. Lei che ha affollato i miei sogni giovanili. Lei che mi ha fatto riempire le pagine di diari segreti. Lei che mi ha fatto soffrire.
Lascio scorrere le immagini della memoria come un vecchio film del muto. Vedo distintamente il suo sorriso, i suoi capelli misteriosi, i suoi sguardi profondi. Fantastico... Fantastico e non mi accorgo che mi sta venendo incontro.
Mi saluta con la sua inossidabile disinvoltura. Incomincia a parlarmi, a raccontarmi tante cose. In fondo alle sue parole spero di cogliere una punta di imbarazzo. Ma non ne trovo.
Mi invita ad uscire dal mercato, chiamandomi per nome. Annuisco e mi rendo conto di non ricordare il suo.
Nel discendere a fatica gli scalini ci sosteniamo goffamente l’un l’altra. Le nostre mani per un attimo si sfiorano. Senza dir nulla ci incamminiamo. Ci incamminiamo verso casa...